Il modo migliore per conoscere la vita emotiva degli animali è dedicare molto tempo a studiarli attentamente, conducendo ricerche etologiche, neurobiologiche ed endocrinologiche comparative ed evolutive, e resistere alle affermazioni dei critici secondo cui l’antropomorfismo, ovvero la tendenza, istintiva o dottrinale, a rappresentarsi ogni realtà materiale o spirituale sotto forma umana, e quindi fornita di aspetto, facoltà e destini propri dell’uomo, non trova concretezza in questi sforzi.
Affermare che non si possono capire cani, delfini o altri animali perché non siamo “uno di loro” non ci consente di arrivare da nessuna parte.
È importante cercare di imparare come vivono gli animali nel loro mondo, per capire le loro prospettive (Allen e Bekoff 1997, Hughes 1999).
Gli animali si sono evoluti in situazioni specifiche e uniche e questo riduce le loro vite se cerchiamo di comprenderli solo dal nostro punto di vista. Certo, acquisire questo tipo di conoscenza è difficile, ma non impossibile. Forse sono stati fatti così pochi progressi nello studio delle emozioni degli animali a causa della paura di essere “non scientifici”.
Bekoff nel 2000 ha scritto: “Non sono sicuro di cosa posso produrre, ma certamente non sarà scientifico. E non sono sicuro di cosa posso dire. Non ho studiato animali in circostanze naturali e, sebbene interessato alle emozioni, ne ho “notati” pochi. ”
D’altra parte invece, molti altri scienziati credono di poter essere scientifici e allo stesso tempo utilizzare altri tipi di dati per conoscere le emozioni degli animali; vale a dire che è consentito agli scienziati scrivere su questioni di cuore! Forse è necessaria una visione maggiormente olistica quando si guarda ad un qualunque essere vivente.
Chi ha la fortuna di condividere la propria esistenza con un animale riteniamo fatichi a non credere che vi sia un’ampia rosa di emozioni che attraversano la mente di qualunque essere vivente.